Cassazione Civile 3 luglio 2014 n. 15240. La lesione del diritto alla riservatezza determina un illecito ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. al quale, tuttavia, non consegue un’automatica risarcibilità, dovendo il pregiudizio morale o patrimoniale essere comunque provato secondo le regole ordinarie, quale ne sia l’entità e a prescindere anche dalla difficoltà della relativa prova. Il che, tra l’altro, è del tutto logico, trattandosi di un danno-conseguenza e non di un danno-evento. Ne rileva il principio emesso delle note sentenze di San Martino e segnatamente quella dell’ novembre 2008, n. 26972, nella parte in cui riconosce la fondatezza delle richieste risarcitorie delle lesioni dei diritti costituzionalmente garantiti, in quanto, secondo le Sezioni Unite, nell’ammettere la risarcibilità della lesione di siffatti diritti e nel tracciarne rigorosamente i confini, ha contestualmente riconosciuto che l’esistenza del relativo danno deve comunque essere provata dal danneggiato.