Uso di carta di credito altrui: quando è legittimo?

Postato da il 9 giu 2021 in Contratti e obbligazioni, Danno non patrimoniale, danno patrimoniale, Diritto bancario, Diritto penale, prova, risarcimento danni, Tutti | 0 commenti

Uso di carta di credito altrui: quando è legittimo?

Per evitare che siano legittimate condotte abusive occorre provare l’autorizzazione del titolare e il suo interesse esclusivo (Cass. pen., sentenza n. 18609/2021)

L’esistenza della volontà da parte del titolare della carta di credito all’uso ad opera di terzi deve essere rigorosamente valutata, al fine di evitare che siano legittimate condotte abusive (Cass. pen., sentenza n. 18609/2021 – testo in calce).

La pronuncia che si annota consegue al ricorso proposto avverso la sentenza d’appello che, in riforma dell’assoluzione pronunciata in prime cure, condannava i coimputati per indebito utilizzo di carta di credito, intestata alla persona offesa, per ripetuti prelievi di carburante, effettuati in un’area di servizio in orario notturno.

Il giudice di prime cure aveva ritenuto scriminata la fattispecie di reato prevista dal D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, comma 9, vigente all’epoca del fatto, sulla scorta delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, concludendo che questa avesse assentito all’utilizzo della carta per estinguere il debito intercorrente con uno dei due imputati. La Corte d’appello aveva ribaltato il verdetto assolutorio riscontrando un prelievo di importo superiore al debito.

Con il ricorso veniva dedotta la mancanza di prova circa il contributo del ricorrente, sotto il profilo materiale e psicologico, all’ipotizzato utilizzo abusivo dell’altrui carta di credito; veniva altresì censurata la mancata considerazione dell’argomento utilizzato dalla sentenza di primo grado per dimostrare l’esistenza del consenso dell’avente diritto all’uso dello strumento di pagamento.

La Corte di cassazione ha considerato immune da censure il decisum dei giudici di secondo grado evidenziando come il giudizio di responsabilità dell’imputato fosse stato da questi fondato sull’apprezzamento delle modalità oggettive della condotta degli imputati e sugli accertamenti di pg che, ad onta delle dichiarazioni della persona offesa, impedivano di ipotizzare la rilevanza di un eventuale consenso dell’avente diritto e facevano emergere l’uso indebito – perchè finalizzato all’esclusivo profitto dell’imputato – della carta di credito di cui altri era titolare.

Ha poi precisato la Corte che la scriminante del consenso dell’avente diritto non possa operare rispetto alla fattispecie prevista dal D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, comma 9 oggi trasfusa nell’art. 493 ter c.p.. Ciò in quanto l’esimente in questione richiede che il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice rientri nella categoria dei diritti disponibili e tale non è l’interesse pubblico alla sicurezza delle transazioni commerciali e alla fiducia nell’utilizzazione da parte dei consociati di mezzi sostitutivi del contante che, unitamente al patrimonio personale del titolare dello strumento di pagamento, viene protetto dalla norma che sanziona l’uso indebito di carte di credito.

Stante la natura plurioffensiva della fattispecie incriminatrice e l’indisponibilità dell’oggetto di tutela, la Corte ha concluso che l’omesso esame dell’operatività della causa di giustificazione da parte della sentenza impugnata non aveva prodotto alcun effetto deteriore per il ricorrente, trattandosi di ipotesi che non poteva essere riconosciuta nella specie.

Secondo la Corte di cassazione, i giudici territoriali avrebbero poi valutato correttamente la condotta considerata anche sotto il profilo dell’esame del requisito soggettivo del reato contestato, desumendo la consapevolezza dell’uso indebito della carta di credito e il fine di profitto perseguito dalle modalità della condotta e dall’assenza di prova circa un’eventuale autorizzazione da parte del titolare della carta di credito: autorizzazione che assume rilevanza solo ove sia apprezzabile in modo manifesto che il terzo utilizzatore dello strumento di pagamento o di prelievo di denaro agisca esclusivamente nell’interesse del titolare, eseguendo materialmente le operazioni consentite con l’uso della carta di credito, su disposizione del titolare legittimo.

Ed invero – ha precisato la Corte – se pur non può ignorarsi che l’utilizzo degli strumenti elettronici da persona diversa dal titolare possa costituire evento non infrequente (quando per ragioni di impedimento momentaneo – dovuto a particolari condizioni di fragilità, disabilità, ovvero a ragioni di salute – il titolare non sia in grado di utilizzare lo strumento di pagamento, pur avendone necessità), è necessario che l’eventuale autorizzazione costituisca lo strumento per la realizzazione esclusiva dell’interesse del titolare della carta di credito.

Ne consegue quindi che l’esistenza della volontà da parte del titolare della carta di credito all’uso ad opera di terzi debba essere rigorosamente valutata, al fine di evitare che siano legittimate condotte abusive poste in essere grazie all’apparente autorizzazione del titolare.

Di qui il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Fonte: Altalex.com (articolo di Anna Larussa)

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