Deve essere incluso nella categoria del danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ. e risarcito in favore degli eredi del defunto il c.d. danno “catastrofale”, conseguente alla sofferenza patita dal defunto nell’assistere, nel lasso di tempo compreso tra l’evento di danno e la morte, alla perdita della propria vita.
Il danno esistenziale jure proprio subito dai familiari del lavoratore ben può, in ragione di tale sua natura e della circostanza che la riparazione mediante denaro compensa un pregiudizio non economico, essere liquidato secondo il criterio equitativo ex artt. 1226 e 2056 c.c., che tenga conto dell’intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile circostanza.
Sono questi i principi espressi dalla Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza in esame, che torna ad occuparsi del tema della risarcibilità del danno morale ed esistenziale.
La fattispecie vede coinvolti gli eredi di un medico deceduto a seguito di malattia contratta in servizio ed a causa del lavoro svolto quale specialista in gastroenterologia presso un Centro tumori di Medicina nucleare.
In particolare, i ricorrenti lamentavano il mancato risarcimento del danno esistenziale e morale, voci che, invece, per la Suprema Corte meritano entrambe di essere risarcite.
Quanto al danno morale, la Cassazione precisa che, pur costituendo un pregiudizio non patrimoniale al pari di quello biologico, non è ricompreso in quest’ultimo e va liquidato autonomamente. Ciò, non solo in forza di quanto espressamente stabilito ora sul piano normativo dall’art. 5, lettera c), del d.P.R. 3 marzo 2009, n. 37, ma soprattutto in ragione della differenza ontologica esistente tra le due voci, riguardando il danno morale le sofferenze psicofisiche del danneggiato e non le conseguenze invalidanti dell’integrità psicofisica dello stesso. In questo ambito, con riguardo specifico all’evento morte del danneggiato, prosegue la Corte, deve essere incluso nella categoria del danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ. e risarcito iure hereditatis il c.d. danno “catastrofale”, conseguente alla sofferenza patita dal defunto nell’assistere, nel lasso di tempo compreso tra l’evento di danno e la morte, alla perdita della propria vita. Tale voce di danno è distinta sia rispetto a quella del danno c.d. “tanatologico”, ovvero connesso alla perdita della vita come massima espressione del bene salute, sia rispetto a quella del danno “biologico” rivendicabile jure hereditatis dagli eredi della vittima, per avere il medesimo sofferto, per un considerevole lasso di tempo, una lesione della propria integrità psico-fisica.
Per quanto attiene poi al risarcimento del danno esistenziale jure proprio subito dai familiari del lavoratore, la Corte osserva che è generalmente implicito nella morte del familiare un danno esistenziale, distinto da quello morale, connesso con la perdita del rapporto parentale e relativo alle alterazioni della esistenza futura del familiare superstite. Tale voce di danno ben può, in ragione di tale sua natura e della circostanza che la riparazione mediante denaro compensa un pregiudizio non economico, essere liquidato secondo il criterio equitativo ex artt. 1226 e 2056 c.c., che tenga conto dell’intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile circostanza, quali ad es. la consistenza più o meno ampia del nucleo familiare, le abitudini di vita, l’età della vittima e dei singoli superstiti, le esigenze di questi ultimi rimaste definitivamente compromesse.
La Corte precisa, inoltre, che ciascuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subito in proporzione alla durata e intensità del vissuto, alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, all’età della vittima e a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e provare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza), spettando alla controparte la prova contraria di situazioni che compromettono l’unità, la continuità e l’intensità del rapporto familiare.
Infine, la Cassazione chiarisce che è risarcibile anche il danno esistenziale subito dal de cuius, ed invocato dai suoi familiari jure hereditatis, nel caso consistito nel fatto che il lavoratore è stato pacificamente sottoposto per diverso tempo a mansioni diverse da quelle proprie della qualifica e a diversi anni di rilevante invalidità e di terapie mediche invasive in attesa della morte.
Fonte: Altalex, 10 novembre 2014