L’hotel del coupon non è disponibile? Anche il venditore ne risponde

Postato da il 1 ott 2015 in Diritto civile, risarcimento danni, Tutti | 0 commenti

L’hotel del coupon non è disponibile? Anche il venditore ne risponde

Giudice di Pace, Taranto, sez. I 11/05/2015

Il mondo dei coupon è in grande ascesa: sicuramente comodo ed oramai di gran moda acquistare online, risparmiando, attraverso queste impressionanti offerte virtuali che abbracciano una miriade di servizi e prestazioni: cene, vacanze, visite mediche,massaggi, abbonamenti in palestra e chi più ne ha, più ne metta. Per tanti, questa trovata americana, è diventata una vera e propria dipendenza in tempo di crisi, tanto che impazzano sul web siti dedicati a questo innovativo sistema di vendita. Contestualmente all’accrescimento di questo business, nascono ovviamente le prime controversie tra consumatori e chi offre detti servizi.

Ebbene, è tutta pugliese una delle prime statuizioni in tema Coupon: Giudice di Pace di Taranto, Sentenza del 11.5.2015. In virtù di detta decisione è vessatoria la clausola delle condizioni generali di vendita del coupon che stabilisca, nell’ipotesi di reclamo sulla fruizione dell’offerta acquistata, l’obbligo per il consumatore di rivolgersi esclusivamente al Commerciante, in virtù del fatto che chi vende il coupon si limita meramente a fornire il coupon stesso. Tale clausola è considerata vessatoria ex art 33 comma 2 lettera b) del d.lgs. 206/2005 poiché volta ad escludere (o limitare) le azioni ovvero i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento (totale o parziale che sia) o di adempimento inesatto da parte del professionista.

IL CASO

Con atto di citazione regolarmente notificato all’HOTEL M. ed a G. s.r.l., la Sig.ra F., conveniva le predette parti dinanzi al Giudice di Pace di Taranto per accertare in primis la vessatori età della clausola 5.5. delle condizioni generali di vendita del coupon di G. s.r.l. Italia, e, in secundis l’inadempimento contrattuale dell’HOTEL M e quindi, per l’effetto, dichiarare la risoluzione del contratto per inadempimento, e condannare in ogni caso le parti in solido al risarcimento del danno, oltre che alle spese di lite.

In data 08/10/2014 l’Attrice acquistava DUE Coupon dalla società G. s.r.l. aventi ad oggetto: “1 notte in camera Deluxe per una persona con cena, ingresso spa e colazione tra domenica e giovedì” presso la struttura B. Resort sita in P. (Ba).

Con comunicazione via mail del 28.10.2014 l’attrice richiedeva alla struttura la disponibilità per le giornate del 14 e 15 dicembre 2014 che, giusta risposta via mail inviata nella medesima giornata, veniva confermata.

Nella medesima mail la società richiedeva, al fine di confermare la prenotazione per le suindicate date, l’inoltro (anche a mezzo fotografia) dei coupon.

Seguiva a stretto giro, mail con inoltro dei coupon e conferma per le date 14-15 Dicembre 2014.

Il giorno successivo, 29.10.2014, il B. Resort provvedeva a riscattare i coupon, senza che la prestazione fosse ancora stata eseguita.

In data 10.11.2014 la struttura inviava mail alla F. con la quale proponeva di spostare le date già prenotate ai seguenti giorni: dal 14 al 17 novembre oppure dal 5 al 7 dicembre.

L’attrice in data 13.11.2014 comunicava l’impossibilità del cambio data, confermando la presenza per il giorno 14 dicembre.

Seguiva nella medesima giornata risposta della società con la quale si comunicava l’impossibilità della prestazione per il 14 dicembre, atteso che “l’albergo è chiuso in quella data. Le date in cui possiamo accoglierla sono quanto segue: 5-6-7- dicembre, 2 gennaio, 13-14 febbraio”;

La sig.ra F., preso atto della risposta, comunicava in data 20.11.2014, il cambio data per le giornate del 5 e 6 dicembre 2014.

Nella medesima giornata il B. informava che il Resort aveva chiuso il 17 novembre e che il voucher sarebbe rimasto valido entro marzo 2015 compreso, “mese in cui la struttura riaprirà al pubblico, per cui avrà la possibilità di prenotare per il prossimo anno”.

Si evidenzia che dalla lettura del coupon, l’offerta recava due diverse date entro le quali era possibile usufruire della prestazione: una valida sino al 01.01.2015, l’altra valida sino al 01.03.2015, entrambe comunque anteriori alla data imposta/proposta dalla struttura.

In data 26 novembre 2014 la sig.ra F. comunicava di restare in attesa del rimborso del coupon acquistato, vista impossibilità di usufruirne nei periodi indicati dallo stesso convenuto.

Nella medesima data, seguiva risposta da parte del B. Resort e spa, con la quale comunicava che “non possiamo effettuare il rimborso dei coupon. La possibilità di usufruirlo sarebbe dal mese di marzo in avanti“.

In data 02.12.2014 la sig.ra F. per mezzo del suo procuratore diffidava la società a provvedere ad adempiere al servizio per le date concordate del 5/6 dicembre 2014 pena la risoluzione del contratto.

Il 14.01.2015 la sig.ra F. per mezzo del suo procuratore, non ricevendo risposta alla prima diffida, diffidava nuovamente (ma invano) le società a erogare il rimborso.

In data 16.01-2015 l’Avv. Marianna R. invitava il difensore di parte attrice a rivolgere le proprie doglianze alla società gestrice Hotel M. s.r.l.

Seguiva, invano, nuova diffida alla società Hotel M. s.rl. inoltrata a mezzo PEC il 19.01.2015.

Il 20.01.2015 G. srl rispondeva facendo presente che: “Come già comunicato in data 10/12/2014 con ticket 3822281, confermiamo che il partner ha dato la sua disponibilità e sarà possibile scegliere una data di tuo gradimento a partire da marzo del 2015, fruendo dei coupon già in tuo possesso”.

All’udienza di comparizione del 23.04.2015, non si costituivano le due società convenute, rimaste contumaci.

LA DECISIONE

Il caso è stato deciso con la Sentenza 11 maggio 2015 del Giudice di Pace di Taranto – nella persona del Dott. Martino Giacovelli -, che ha condannato sia la Società emittente il coupon, sia quella fornitrice del servizio alberghiero, al rimborso del costo del coupon, oltre che al risarcimento del danno subito dall’attrice, quantificato in €500,00#.

Alla base della predetta statuizione è stato posto dapprima il principio di non contestazione sulla base della contumacia di entrambe parti, invero in virtù della Sentenza delle Sezioni Unite 761/2002 vige nell’ordinamento processuale civile, un onere di contestazione per le parti relativamente ai fatti introdotti dall’altra, ritenendo che il deficit di contestazione: “rende inutile prove il fatto, poiché non controverso … vincolando il giudice a tenerne conto senza alcuna necessità di convincersi della sua esistenza.” In particolare, i principi di contestazione e non contestazione dei fatti di causa, nonché soprattutto il regime processuale vigente, incardinato su preclusioni rigide, impedisce la valutazione di fatti, quand’anche emersi nel corso dell’ istruttoria, non ritualmente dedotti entro i termini di rito concessi e con i principi costituzionali volti a garantire il diritto di difesa in un giusto processo.

Entrando nel merito, invece, il Giudice riteneva che nella controversia in esame si riscontrava anzitutto la violazione dell’art. 2, II comma, lettera b) c), c bis), e) Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, oltre che degli art 1175 e 1375 c.c. L’art. 2, II comma, lettera b) c), c bis), e) Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 che prevede: “Ai consumatori ed agli utenti sono riconosciuti come fondamentali i diritti: b) alla sicurezza e alla qualita’ dei prodotti e dei servizi; c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicita’; c-bis) all’esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealta’; e) alla correttezza, alla trasparenza ed all’equita’ nei rapporti contrattuali;”

Per il Giudice adito, appare evidente che il comportamento dei convenuti viola nettamente i principi di buona fede, correttezza e lealtà imposti dal Codice del Consumatore. A questo si aggiunga la violazione dell’art. 21 comma I lettera b) Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, nonché la violazione dell’ art 3.3 e 5.4 – Condizioni di vendita Coupon. Infatti, l’art 21 del Codice del Consumo espressamente prevede: “E’ considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero su……..b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l’esecuzione, la composizione, gli accessori, l’assistenza postvendita al consumatore e il trattamento dei reclami, ………….; g) i diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai sensi dell’articolo 130 del presente Codice”.

Invero, le stesse condizioni di vendita dei coupon da parte di G. espressamente prevedono “nel caso in cui l’offerta del commerciante stabilisca espressamente la consegna di un determinato bene o la prestazione di un determinato servizio entro un dato evento, e tale consegna o prestazione non si verifichi nei tempi permessi, potete ottenere un rimborso.”

Inoltre l’art 5.4 – sempre delle condizioni di vendita dei coupon – stabilisce che: “se non avete avuto la possibilità di riscattare il vostro coupon con il commerciante prima della scadenza del periodo di riscatto per cause non imputabili a voi, potete ottenere un rimborso”.

Nel caso de quo non solo B. Resort si è reso inadempiente per ben due volte, ma propone di riscattare il coupon in una data in cui lo stesso non è più fruibile. A quanto sopra si aggiunga la vessatorietà della clausola 5.5 delle condizioni generali di vendita coupon di G. srl. In particolare l’art 5.5 delle condizioni generali di vendita coupon G. srl espressamente afferma che: “….se avete un reclamo riguardo l’erogazione dell’offerta del commerciante, dovete attivarvi direttamente con il Commerciante. G. si limita a vendere e fornire il coupon…”. Orbene tale clausola è da considerare vessatoria ex art 33 comma 2 lett b) del d.lgs. 206/2005 in quanto volta ad “escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del Professionista”; in effetti, accettare e dare pregio all’affermazione di G. Italia “G. si limita a vendere e fornire il coupon”, significherebbe consentire alla stessa scoietà di vendere un mero “pezzo di carta”,senza il minimo valore. Inoltre, l’art 3.9. delle condizioni generali di vendita coupon G. srl stabilisce che: “se il commerciante non è in grado di fornire ed erogare l’offerta del commerciante come descritto per ragioni impreviste, G. ve lo comunicherà il prima possibile per e-mail. G. vi proporrà o un nuovo Coupon per servizi simili o uguali, o il rimborso del prezzo di acquisto del coupon”.

Per tali motivi, il Giudice pugliese ha condannato sia la società emittente il coupon, sia quella fornitrice del servizio alberghiero, al rimborso del costo del coupon e al risarcimento del danno quantificato in €298,00# oltre gli interessi maturati sino al dì della domanda, nonché oltre gli interessi maturandi successivamente alla domanda medesima fino al soddisfo, oltre che al pagamento delle spese e competenze tutte del giudizio.

Fonte: Altalex

Condividi
    468 ad

    Leave a Comment