Assai rilevante in tema di pignoramento dei conti correnti sui quali vengono accreditati stipendi o pensioni appare il nuovo comma ottavo dell’art. 545 c.p.c. Viene così previsto che le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge. Trattasi di una disposizione innovativa rispetto al previgente panorama normativo, con la quale si mira ad istituire una soglia di impignorabilità anche con riguardo alle giacenze presenti su conto corrente bancario o postale, ogni qual volta le stesse rinvengano dall’accredito di stipendi o pensioni.
Si osserva, come prima dell’adozione della citata disposizione fosse esclusa la possibilità di configurare una impignorabilità, sia pure parziale, del saldo del conto corrente sul quale confluissero tali emolumenti corrisposti a titolo di stipendio o pensione.
Prevaleva, infatti, l’orientamento secondo il quale i limiti alla pignorabilità degli stipendi e delle pensioni attenessero al credito, piuttosto che alle somme in sé, con l’effetto che tali limiti dovessero reputarsi del tutto inoperanti ogni volta che le somme spettanti a titolo di stipendio o di pensione fossero già state riscosse, entrando così a far parte del patrimonio del lavoratore o del pensionato (in tal senso si era espressa Cass. n. 17178/2012).
Non mancavano, tuttavia, prese di posizione di diverso segno da parte della giurisprudenza di merito, le quali ammettevano la parziale impignorabilità delle somme presenti sui conti correnti, se dimostrato, dal lavoratore o dal pensionato, che su tale rapporto confluissero unicamente somme rinvenienti da accredito di stipendi o pensioni.
Non mancavano, inoltre, alcune indicazioni normative, sia pure riferite a specifiche ipotesi di pignoramento, le quali aprivano uno spiraglio alla parziale impignorabilità dei saldi di conto corrente sui quali confluissero stipendi o pensioni (si pensi, così, al comma 2-bis dell’art. 72-ter deld.P.R. n. 602 del 1973, in tema di riscossione esattoriale, il quale prevede che nel caso di accredito su conto corrente delle somme rinvenienti da crediti di lavoro o di pensione gli obblighi del terzo pignorato non si estendono all’ultimo emolumento accreditato allo stesso titolo).
Si osserva che l’art. 12, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, convertito dalla Legge n. 214 del 2011, ha imposto che il pagamento dei redditi da lavoro o da pensione superiori all’importo mensile di mille euro avvenga esclusivamente con accredito su conti correnti bancari o postali, su libretti di deposito, su carte prepagate, su carte istituzionali, eliminando radicalmente la possibilità di pagamento in contanti nelle mani dell’avente diritto.
Da ricordare, la sentenza n. 85 del 15 maggio 2015 della Corte Costituzionale, che, nel dichiarare inammissibile la questione di costituzionalità sollevata da un giudice di merito con riguardo al menzionato art. 12, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito dalla Legge n. 214 del 2011, ha tuttavia auspicato un intervento del legislatore allo scopo di superare la incompletezza del sistema di tutela del pensionato risultante dall’impianto normativo vigente al momento dell’adozione di tale pronuncia, facendo sì che l’ordinamento si doti di un rimedio effettivo per assicurare condizioni di vita minime al pensionato.
Il comma otto dell’art. 545 c.p.c. si articola in due parti ben distinte: nella prima determina i limiti di pignorabilità del saldo presente sul conto bancario o postale al momento della notifica del pignoramento, nella seconda si fa riferimento ai limiti alla pignorabilità delle somme che confluiscano sul conto nel corso della procedura esecutiva.
Quanto alle somme già presenti sul conto al momento in cui si perfeziona la notifica del pignoramento presso terzi, viene previsto che le stesse siano pignorabili ad eccezione di un importo pari al triplo dell’assegno sociale, importo quest’ultimo da ritenersi sottratto a pignoramento.
Il nuovo art. 546 c.p.c.
Nel primo comma dell’art. 546 c.p.c. (anch’esso novellato dall’art. 13 del d.l. n. 83 del 2015), viene previsto che con riguardo a tale importo (pari al triplo dell’assegno sociale) presente sul saldo del conto corrente al momento della notifica del pignoramento, non sorgono in capo all’istituto terzo pignorato gli obblighi di custodia, con l’effetto che, con riguardo a tali somme, il debitore esecutato conserva la piena disponibilità delle somme anche nel corso della procedura esecutiva.
Relativamente alla disposizione contenuta nella seconda parte comma otto dell’art. 545 c.p.c., esso prevede che il pignoramento estenda la sua efficacia anche alle ulteriori somme che vengano accreditate, a titolo di stipendio o di pensione, sul conto nel corso della procedura esecutiva, sia pure entro i limiti previsti dall’art. 545, commi terzo, quarto, quinto e settimo, con l’effetto che le somme accreditate in corso di procedura a titolo di stipendio saranno ordinariamente pignorabili nei limiti di un quinto e che le somme accreditate in corso di procedura a titolo di pensione saranno ordinariamente pignorabili nei limiti di un quinto, una volta dedotta la quota impignorabile pari all’assegno sociale aumentato della metà.
La disposizione così formulata, chiarisce normativamente un importante dato, ovvero già acquisito dalla giurisprudenza di legittimità, in base al quale il credito per poter essere assoggettato a pignoramento non è necessario che sia già sorto al momento della notificazione dell’atto di pignoramento, ben potendo lo stesso venire in essere al momento in cui il terzo renda la propria dichiarazione, ovvero nel successivo momento in cui venga accertato l’obbligo del terzo (Cass. civ. 9 dicembre 1992, n. 13021), dall’altro introduce una ipotesi di impignorabilità delle somme, accreditate sul conto successivamente alla notifica del pignoramento, rinvenienti da accredito di pensione o stipendio, prevedendo che tali somme siano assoggettabili a pignoramento nella stessa misura nella quale lo siano i corrispondenti crediti da lavoro o da pensione.
Da ultimo, deve precisarsi come le disposizioni contenute nel nuovo comma ottavo dell’art. 545 c.p.c. trovino applicazione, stando al contenuto della norma transitoria costituita dal già menzionato art. 23 del d.l. n. 83 del 2015, solo con riferimento alle procedure esecutive iniziate successivamente all’entrata in vigore del d.l. n. 83 del 2015.
Si ritiene che le disposizioni introdotte nel 2015 siano nel loro complesso da salutare con favore, fornendo (con particolare riferimento al nuovo ottavo comma dell’art. 545 c.p.c.) un meccanismo ben congegnato, finalizzato, da un lato, a dare risposta a chiare sollecitazioni provenienti tanto da sopravvenute novità legislative, quanto da ineludibili auspici di intervento proposti dalla Corte Costituzionale e, dall’altro, ad apprestare, in un momento storico nel quale è tutt’ora avvertita una profonda crisi economica, una efficace tutela (sia pure compatibilmente con il generale principio di responsabilità patrimoniale sancito dall’art. 2740 c.c.) a favore di soggetti (siano essi pensionati o percettori di reddito da lavoro subordinato) considerati dal legislatore come maggiormente esposti alle attuali criticità del contesto economico.
Fobte: www.studiocataldi.it nota a cura dell’Avv. Giampaolo Morini