Cassazione Civile, sez. VI, ordinanza 17/09/2015 n° 18276
Stretto giro di vite alla possibilità di compensare le spese di giudizio.
L’esercizio del potere di disporre la compensazione è stato nel tempo sottoposto ad un controllo sempre più stringente: dalla formulazione originaria dell’art. 92 cod. proc. civ., alla riforma contenuta nella legge 28 dicembre 2005, n. 263 (altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione), a quella della legge 18 giugno 2009 n. 6969 (altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella morivazione), sino alla recente modifica introdotta con il d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito nella legge 10 novembre 2014, n. 162 che ha limitato la possibilità di compensazione alla “soccombenza reciproca” o al “caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti», con conseguente sindacabilità della motivazione posta alla base dell’esercizio di quel potere.
Peraltro, la giurisprudenza della Corte di Cassazione aveva avuto modo di chiarire che l’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ. (nel testo risultante a seguito delle modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2009, art, 45, comma 11, nella specie ratione temporis applicabile), nella parte in cui permetteva la compensazione delle spese di lite allorché concorrevano “gravi ed eccezionali ragioni”, costituiva una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore aveva previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da precisare ed integrare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche (cfr. Cass,, Sez. Un., n. 2572 del 22 febbraio 2012).
Su questa linea, la Cassazione aveva precisato che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare, in tutto o in parte, in presenza di determinate condizioni, le spese di lite, espressamente indicate in motivazione. In questo caso, si discute se sia giusta la compensazione delle spese processuali per peculiare connotazione della vicenda esaminata oltre che in considerazione della qualità delle parti (trattasi di una vertenza di recesso intimato prima della fine del periodo di prova e senza alcuna motivazione).
Si premette che siamo in terzo grado, ove l’unico sindacato ammesso concerne la motivazione sul carattere grave ed eccezionale di esse, essendo la relativa statuizione incensurabile in sede di legittimità se la motivazione risulti effettiva e non apparente e, dunque, non si sostanzi in una mera formula di stile violativa del precetto di legge, non potendo la Corte di Cassazione sostituirsi al giudice di merito nell’apprezzamento relativo alla gravità ed all’eccezionalità delle ragioni addotte, che resta comunque a lui riservato.
Ebbene, la Corte riduce fortemente la possibilità per il giudice di ricorrere alla compensazione delle spese e per converso rafforza, quale strumento regolatore delle spese di lite, il principio generale della soccombenza, sancito dall’art. 91 cod. proc. civ.
La “natura della controversia”, la “qualità delle parti” e la “peculiarità della vicenda”, sono espressioni di contenuto indeterminato, assimilabili a clausole di stile, comunemente riscontrabili in altre controversie che non consentono il controllo sulla motivazione e sulla congruità della disamina logico-giuridica.
Tuttavia la sentenza incide nel solco di altre pronunce precedenti, nelle quali la Corte di Cassazione aveva già ritenuto di non compensare le spese su motivazioni di giudici di merito del tipo “complessità della ricostruzione in fatto dei rapporti tra le parti” (Cass. Civ. Sez. II 30 aprile 2012 n. 6608), “particolarità del riesame giuridico in appello” (Cass. Civ. Sez. II, 14 giugno 2011, n. 13020), “valore assai esiguo della causa” (Cass. Civ. Sez. VI 10 giugno 2011 n. 12893), “per motivi di equità” non altrimenti specificati (Cass. Civ. Sez. lav. 20 ottobre 2010, n. 21521; Cass. Civ. Sez. II 27 aprile 2009, n. 9886; Cass. Civ. Sez. II 23 luglio 2007, n. 16205), “peculiarità della fattispecie” (Cass. Civ. Sez. I 30 maggio 2008, n. 14563), “fattispecie concreta nel suo complesso” (Cass. Civ. Sez. I 18 dicembre 2007, n. 26673), “per giusti motivi” (Cass. Civ. Sez. VI 21 novembre 2013, n. 26147; Cass. Civ. Sez. II 21 marzo 2007, n. 6681; Cass. Civ. Sez. III 06 marzo 2007, n. 5108), tutte motivazioni non plausibili per disporre una compensazione.
Fonte: Altalex.com