Ammissione al passivo dei crediti di lavoro: no alla sospensione feriale

Postato da il 13 lug 2017 in Contratti e obbligazioni, diritto del lavoro, diritto fallimentare, procedura civile, Tutti | 0 commenti

Ammissione al passivo dei crediti di lavoro: no alla sospensione feriale

Cassazione Civile, SS.UU, ordinanza 05/05/2017 n° 10944

In tema di processo civile, l’art. 3 della Legge n. 742/1969 stabilisce che la sospensione feriale dei termini processuali non si applica alle controversie previste in materia di lavoro (art. 409 c.p.c.).
Questo regime vale anche per le cause di accertamento dei crediti di lavoro in sede fallimentare?
A questa domanda rispondono le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con l’ordinanza 5 maggio 2017, n. 10944.
Nonostante, in via generale, i giudizi per l’accertamento dei crediti concorsuali non si sottraggano alla regola della sospensione dei termini durante il periodo feriale, la sospensione non opera in quelli in cui si controverta dell’ammissione allo stato passivo di crediti nascenti dal rapporto di lavoro, che, pur dovendo essere trattati con il rito fallimentare, sono assoggettati al diverso regime previsto dal combinato disposto del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 92 ed la L. n. 742 del 1969 cit., art. 3, in ragione della materia che ne forma oggetto.
Lo hanno riconosciuto le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con l’ordinanza in epigrafe, la quale, rigettando il ricorso, ha confermato il consolidato orientamento che sottrae alla regola della sospensione feriale dei termini ogni procedimento che, indipendentemente dal rito adottato, ha ad oggetto una controversia in materia di lavoro.
La vicenda all’esame della Corte è di stretta attualità, dal momento che i Tribunali dichiarano il fallimento di un numero sempre maggiore di aziende e i lavoratori delle stesse, per ottenere quanto ancora dovuto loro, non hanno altra possibilità che far valere i propri crediti in sede fallimentare.
Nella vicenda in esame, la Corte d’appello di Palermo ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da due lavoratori contro la sentenza di primo grado che aveva respinto l’opposizione ex art. 98 L. Fall., da essi proposta per ottenere l’ammissione allo stato passivo del Fallimento dei rispettivi crediti privilegiati vantati, a titolo di retribuzioni, indennità e TFR, in forza del rapporto di lavoro intrattenuto con la società poi fallita.
La Corte del merito ha rilevato che l’appello proposto dai lavoratori era tardivo, non operando in materia di lavoro la sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale.
I lavoratori hanno quindi proposto ricorso per cassazione, basato su due motivi, l’uno illustrato sotto il profilo della violazione di legge e l’altro sotto quello del vizio di motivazione, con i quali hanno sostenuto che la corte territoriale ha fatto errata applicazione dei principi giurisprudenziali enunciati in materia da questo giudice di legittimità, atteso che il giudizio di primo grado si era svolto secondo il rito ordinario e che pertanto, in virtù del principio dell’affidamento, anche l’appello doveva ritenersi soggetto a tale rito.
La Prima Sezione della Corte di Cassazione, investita della decisione sul ricorso, ne ha richiesto l’assegnazione alle SS.UU., ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 3, indicando le ragioni per le quali riteneva non condivisibile il principio – consolidato nella giurisprudenza di legittimità – secondo cui la L. n. 742 del 1969, art. 3, nella parte in cui stabilisce che la sospensione feriale non si applica alle controversie previste dall’art. 409 c.p.c., trova applicazione anche nelle cause di accertamento dei crediti di lavoro nel fallimento, in ragione della speciale natura della materia che ne forma oggetto.
In particolare, ha rilevato che il mancato assoggettamento delle controversie di cui all’art. 409 c.p.c., ai termini di sospensione feriale trova la sua ragion d’essere nell’intento di dare attuazione al dettato dell’art. 35 Cost., anche in sede contenziosa, garantendo una più rapida definizione dei procedimenti in cui vengono in esame i diritti che nascono dal rapporto di lavoro subordinato; ha quindi dubitato che le esigenze, di immediatezza e di concentrazione del rito laburistico, alle quali la norma di cui alla L. n. 742 del 1969, art. 3, presiede (e che sono le medesime che hanno condotto alla riforma introdotta dalla L. n. 533 del 1973 ed alle sue successive modifiche) ricorrano in un procedimento avente ad oggetto l’ammissione di crediti di lavoro allo stato passivo del fallimento, atteso che, quali che siano i tempi di definizione del giudizio, all’accoglimento della domanda, che è di mero accertamento, consegue il diritto del lavoratore a partecipare al concorso e non già ad ottenere l’immediato pagamento del credito ammesso, che verrà soddisfatto, al pari di quello di ogni altro creditore insinuato, solo nel caso, e nei limiti, in cui vi sia capienza nell’attivo e solo all’esito della formazione e dell’approvazione di eventuali piani di riparto parziali o di quello finale.
Ha, infine, ritenuto plausibile una diversa lettura, costituzionalmente orientata, del predetto art. 3. che, facendo leva sull’esplicita menzione dell’art. 409 c.p.c., individui le controversie cui non si applica il termine di sospensione feriale esclusivamente in quelle soggette al rito laburistico; in caso contrario, si finirebbe col creare un’ingiustificata disparità di trattamento fra i titolari di tali crediti e tutti gli altri creditori concorsuali ed ha osservato che non può ritenersi
Le sezioni Unite della Corte di Cassazione, al fine di decidere in merito al ricorso, hanno valutato gli argomenti prospettati nell’ordinanza di rinvio non sufficienti a discostarsi dall’orientamento formatosi in seno alla stessa Corte riguardo la questione dibattuta.
Il Collegio, infatti, ha ricordato che, la L. n. 742 del 1969, art. 3, oltre a richiamare espressamente le controversie di cui agli artt. 409 e 442 c.p.c., individua le cause ed i procedimenti cui, in materia civile, non si applica la regola della sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale mediante il rinvio all’art. 92, comma 1, dell’ordinamento giudiziario (R.D. n. 12 del 1941), il quale, a sua volta, stabilisce tra l’altro che “durante il periodo feriale i magistrati trattano le cause civili relative (….) alla materia del lavoro”.
Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla Sezione semplice, ha affermato che è escluso che i crediti di cui è domandata l’ammissione allo stato passivo del fallimento perdano la loro connotazione oggettiva, e non siano pertanto più distinguibili in base al titolo (contrattuale od extracontrattuale) dal quale originano e sul quale si fonda la domanda, per effetto del prevalere della disciplina concorsuale, che li attrarrebbe nel proprio ambito, facendoli confluire nella relativa, e più vasta, materia.

Continuando, anche l’argomentazione proposta dalla Sezione semplice secondo cui nell’ammissione allo stato passivo dei crediti da lavoro non ricorrano quelle esigenze di speditezza e di concentrazione, usualmente connesse alla materia laburistica, che giustificano il mancato assoggettamento delle cause ad essa relative alla sospensione dei termini durante il periodo feriale, non appare corretta alle Sezioni Unite: al riguardo, infatti, hanno sottolineato che una più veloce decisione sulla domanda dà al lavoratore maggiori possibilità di partecipare ai riparti periodici parziali, previsti solo in favore dei creditori già ammessi al passivo, e quindi di ottenere un più rapido soddisfacimento del proprio credito.
Sulla base dei predetti rilievi, hanno poi escluso che l’applicazione della L. n. 742 del 1969, art. 3, alle cause di accertamento dei crediti di lavoro nel fallimento comporti un’ingiustificata disparità di trattamento fra i titolari dei crediti in questione e tutti gli altri creditori, fugando, pertanto, il dubbio di incostituzionalità della differenziata disciplina dei termini delle impugnazioni in ambito fallimentare che da detta applicazione deriva.
Conclusivamente, il Collegio ha ribadito il principio, da estendere anche alle procedure apertesi in data successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 5 del 2006, secondo il quale, ai sensi della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, i giudizi per l’accertamento dei crediti concorsuali non si sottraggano, in via generale, alla regola della sospensione dei termini durante il periodo feriale, la sospensione non opera in quelli in cui si controverta dell’ammissione allo stato passivo di crediti nascenti dal rapporto di lavoro, che, pur dovendo essere trattati con il rito fallimentare, sono assoggettati al diverso regime previsto dal combinato disposto del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 92 ed la L. n. 742 del 1969 cit., art. 3, in ragione della materia che ne forma oggetto.
La pronuncia in commento si adagia nel solco tracciato in proposito da diverse pronunce della Cassazione (Cass. Civ., SS. UU., Sent. n. 24665/2009; Cass. Civ., Sent. n. 17044/2011; Cass. Civ., Sent. n. 16494/2013; Cass. Civ., Sent. n. 24862/2015), affermando l’applicabilità del principio nelle stesse espresso anche alle procedure fallimentari aperte dopo la riforma fallimentare del 2006 (di cui d.lgs. 5/2006).
In tal modo la Cassazione chiarisce, ancora una volta, che la sospensione feriale dei termini non si applica a qualunque controversia che abbia ad oggetto la materia laburistica, e ciò in ragione della natura oggettiva del credito, attinente al rapporto di lavoro, ed indipendentemente dal rito processuale con cui la controversia è trattata, e quindi anche ai procedimenti di insinuazione al passivo fallimentare, in ogni grado di giudizio, davanti al Giudice delegato ovvero davanti al giudice delle impugnazioni allo stato passivo (opposizione, impugnazione, revocazione).

Fonte: Altalex.com (Nota di Eugenio Martusciello)

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