Datore responsabile se non elimina gli attrezzi pericolosi lasciati da terzi
Cassazione penale, sez. IV, sentenza 17.10.2014 n° 43459
Sussiste il nesso di causalità tra l’infortunio sul lavoro e la condotta del datore che non ha preventivamente controllato le obiettive condizioni dell’attrezzo di lavoro (anche lasciato da terzi) usato dal dipendente e ne ha consentito il suo impiego in azienda, benché lo stesso non fosse a norma, anziché eliminarlo.
Così ha deciso la Cassazione penale nella recentissima sentenza oggetto esame.
Nella fattispecie, un datore di lavoro era stato condannato per aver commesso il reato di lesioni personali in danno di uno dei suoi dipendenti, infortunatosi cadendo a terra da una scala in ferro rinvenuta nel magazzino aziendale e non conforme alla normativa anti-infortunistica, essendo priva dei dispositivi antisdrucciolevoli e dei ganci di trattenuta.
Soccombente anche in secondo grado, il datore di lavoro ricorreva in Cassazione, lamentando, in particolare, che nessun dipendente aveva mai usato la scala in questione e che la società aveva messo a disposizione, all’interno del magazzino, scale idonee e conformi alle prescrizioni antinfortunistiche.
La Suprema Corte, tuttavia, nel rigettare il ricorso, ha evidenziato innanzitutto che la scala in ferro, molto verosimilmente, fu lasciata nel magazzino, ove la società ricorrente si era di recente trasferita, dal precedente locatario e, pertanto, doveva ritenersi nella disponibilità dei suoi dipendenti.
Ha, poi, rilevato che mancava un espresso divieto, da parte del datore, di servirsene, o comunque cartelli, sulla stessa apposti, che ne inibissero l’uso, sebbene l’azienda avesse messo a disposizione dei lavoratori scale “sicure”.
La responsabilità colposa della società discende dunque dal non aver preventivamente controllato le obiettive condizioni della scala e dall’averne consentito l’impiego in azienda, invece di eliminarla.
Per la Corte, infatti, non era circostanza imprevedibile il fatto che i dipendenti ne potessero occasionalmente far uso. In ogni caso, il datore di lavoro, proprio in ottemperanza alle norme di prevenzione antinfortunistica, è tenuto a scongiurare anche l’eventuale condotta imprudente ed avventata commessa dal lavoratore.
Pertanto, osserva la Corte in conclusione, la circostanza “che l’operaio infortunatosi avesse usato la prima scala esistente a portata di mano senza averne cercata un’altra più sicura per assolvere alle proprie mansioni, non integrava un comportamento anomalo od imprevedibile od ontologicamente avulso dalle incombenze allo stesso demandate nell’azienda”.
In sostanza, non è possibile escludere il nesso di causalità tra le omissioni ascritte all’imputata e l’evento.
Infine, la Suprema Corte ha confermato il diniego dell’istanza di ammissione al patteggiamento avanzata dal datore di lavoro attesa “la gravità dell’evento e la non minimalità della colpa”, elementi giudicati logicamente prevalenti rispetto all’incensuratezza dell’imputata ed alla occasionalità del fatto.
Fonte: Altalex