La Suprema Corte di Cassazione, sezione VI civile, con l’ordinanza 5 novembre 2014, n. 23526 precisa che:
La nuova formulazione dell’art. 133 c.p.c., comma 2, a seguito dell’entrata in vigore del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, art. 45, comma 1, lett. b), convertito con modifiche nella legge 11 agosto 2014, n. 114, secondo cui la comunicazione, da parte della cancelleria, del testo integrale del provvedimento depositato non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c., ha come scopo quello di “neutralizzare” gli effetti della generalizzazione della modalità telematica della comunicazione, se integrale, di qualunque tipo di provvedimento, ai fini della normale decorrenza del termine breve per le impugnazioni, solo in caso di atto di impulso di controparte;
il contenuto dell’art. 133 c.p.c. a seguito delle modifiche apportate, non incide però, lasciandole quindi in vigore, sulle norme processuali, derogatorie e speciali, che ancorino la decorrenza del termine breve di impugnazione alla mera comunicazione di un provvedimento da parte della cancelleria come nel caso del termine per proporre il regolamento di competenza (art. 47 cpv. c.p.c.), le impugnazioni del pubblico ministero (penultimo comma dell’art. 72 c.p.c.), il reclamo avverso le ordinanze di estinzione dei processi di cognizione e di esecuzione (art. 178, comma 3 e art. 630 c.p.c. comma 3), l’istanza di pronunzia di sentenza in caso di emissione di ordinanza ex art. 186 quater c.p.c.), l’impugnazione del decreto di estinzione per rinuncia del giudizio di legittimità: (art. 391 c.p.c., comma 3), il ricorso per cassazione, avverso la sentenza su pregiudiziale questione di efficacia, validità o interpretazione di contratti o accordi collettivi (art. 420-bis c.p.c., comma 2), il reclamo cautelare (art. 669-terdecies c.p.c., comma 1), il reclamo camerale (art. 739 c.p.c., comma 1, quanto ai procedimenti camerali ed all’impugnazione della parte privata e art. 740 c.p.c., quanto alle impugnazioni del pubblico ministero), il reclamo avverso il diniego di esecutorietà al lodo (art. 825 c.p.c.), restando irrilevante in tutti tali casi che la comunicazione ad opera della cancelleria fosse stata integrale oppure no.
La Suprema Corte quindi pur ammettendo, nel caso di specie, la presenza di una antinomia tra l’art. 133 c.p.c. e le numerose norme speciali che a quel regime ordinario avevano apportato deroga facendo coincidere, per evidenti finalità di accelerazione del processo, la decorrenza del termine breve non all’atto di impulso della controparte ma dalla comunicazione ad opera della cancelleria, risolve la stessa applicando il principio per il quale comunque “lex generalis posterior non derogat legi speciali anteriori”.
Le conclusioni a cui giunge la Suprema Corte sono sicuramente condivisibili; dalle stesse però emerge l’assoluta importanza e rilevanza delle modifiche apportate dalla legge 114/2014 all’art. 45 del decreto legge n. 90 del 24 giugno 2014 il quale, modificando l’art. 133 c.p.c., disponeva che la comunicazione di cancelleria avente ad oggetto la sentenza, non era più limitata al solo dispositivo ma alla versione integrale della sentenza stessa.
A seguito di tale modifica una parte della dottrina si chiedeva (al fine di segnalarne la sostenibilità in diritto e quindi le pericolose conseguenze ad essa connesse), se la citata comunicazione di cancelleria (inviata tramite PEC) contenente la versione integrale della sentenza, fosse idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione della medesima anche in considerazione del fatto che l’art. 16 bis del DL 179/12 consentiva di effettuare non solo comunicazioni ma anche notificazioni; tale tesi sembrava altresì trovare conforto nella Circolare 27 giugno 2014 del Ministero della Giustizia, secondo cui “l’invio del biglietto telematico di cancelleria contenente copia integrale del provvedimento, fa decorrere i termini per l’impugnazione” e poiché, com’è noto, il decorso del termine lungo prescindeva dalla comunicazione di Cancelleria, la predetta circolare, così come giustamente rilevato dal collega Juri Rudi, non poteva che far riferimento al termine breve.
Si rendeva quindi necessario che i dubbi interpretativi venissero definitivamente fugati in sede di conversione del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, nel senso di escludere chiaramente che la predetta comunicazione/notificazione di Cancelleria fosse idonea a far decorrere il termine breve ai fini dell’impugnazione; in tal senso si esprimevano il Consiglio Nazionale Forense, la F.I.I.F. – Fondazione Italiana per l’Innovazione Forense, la Commissione Giustizia della Camera, l’AIGA, gli Osservatori della Giustizia Civile e il CSM.
La legge n. 114/14 di conversione del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 ha espressamente previsto che la comunicazione di cancelleria non è idonea a far decorrere il termine breve ad impugnare; la Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza citata, non poteva quindi non confermare che la comunicazione di cancelleria ex art. 133 c.p.c. non e’ idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325.
Fonte: Altalex